Ciò che mi interessa, invece, è fornire al lettore una definizione esaustiva di “scienza politica”. La prima e più rilevante caratteristica di questo concetto è relativa alla distinzione rispetto alla “filosofia politica”. Secondo Sartori vi sono differenze sia metodologiche, sia ontologiche. E’ bene osservare, fin da subito, che le prime dipendono dalle seconde. Ma è anche vero che, probabilmente, proprio per quanto concerne l’emancipazione della scienza politica dalla filosofia politica, le differenze di metodo sono più rilevanti di quelle di merito. E sono queste, alla fine, che Sartori fa emergere prepotentemente. Mi spiego meglio. E’ evidente che per studiare un determinato fenomeno, per capirne a fondo il suo funzionamento si deve innanzitutto affinare un metodo che fornisca gli strumenti adeguati per afferrarne il significato. Si sceglie un metodo in funzione della cosa studiata. Decidiamo di servirci di un determinato metodo elaborato dalla scienza politica invece che dalla filosofia, ad esempio, per comprendere le ragioni che spingono molti individui di fede islamica a sposare la causa dell’islamismo contro le politiche occidentali in Medio Oriente. Non si studia una «cosa» se non si dispone di un metodo sufficientemente affinato per comprenderne a fondo il suo funzionamento.
Quello che principalmente distingue
la scienza politica dalla filosofia politica, secondo Sartori, è il ricorso ad
una metodologia scientifica fondata sull’osservazione e sulla verifica dei
fatti. La scienza politica è maggiormente assimilabile a discipline
«classificatorie» (che, peraltro, si distinguono dalle scienze fisicaliste
«esatte») quali la botanica, la mineralogia, la zoologia e, in parte, la
biologia e la medicina. A differenza della scienza politica, la filosofia è una
disciplina disinteressata ad osservare e ad accertare i fatti, ma è orientata
alla ricerca della verità. La filosofia politica, argomenta Sartori, non si
appoggia su alcun metodo; o, meglio, l’unico metodo possibile è il «corretto
ragionare» cioè la logica. La peculiarità che, quindi, contraddistingue la
scienza politica consiste nel basarsi sulla ricerca empirica. Come sintetizzato
efficacemente da Norberto Bobbio, sono tre le linee lungo le quali è possibile
marcare la distinzione fra filosofia e scienza politica ed esse fanno
riferimento al metodo, cioè al «trattamento» della cosa studiata: a) mentre la
filosofia opera rispondendo ad un criterio di verità (riscontrabile sottoforma di «coerenza deduttiva»), la
scienza politica mira alla verificazione;
b) se lo scopo precipuo della filosofia è la giustificazione, quello della scienza politica è la spiegazione; c) la filosofia presuppone
la valutazione, mentre la scienza
politica è costitutivamente avalutativa.
Sempre Bobbio enumera cinque dicotomie che contraddistinguono il rapporto fra
le due discipline: a) la filosofia si basa su un discorso
assiologico-normativo, mentre la scienza politica su un discorso
descrittivo-avalutativo; b) la filosofia è concezione universale, mentre la
scienza è segmentata; c) il sapere della scienza e quello della filosofia si
distinguono rispettivamente in sapere cumulativo e sapere non-cumulativo; d) la
filosofia è intesa come indagine metafisica su «essenze», mentre la scienza è
rilevazione di «esistenze»; e) la scienza è un sapere applicabile, viceversa il
sapere filosofico non è applicabile alla realtà.
Quest’ultimo punto presenta un
problema secondo me. Se è vero che la scienza politica si caratterizza per
essere un sapere fondato sia sulla ricerca,
cioè su strumenti atti a osservare i fatti presenti nella realtà per
convalidare teorie, sia sulla dimensione
operativa, cioè la traducibilità della teoria in pratica, Sartori sostiene
che la ragione fondamentale per cui la filosofia politica non ha mai saputo
fornire un programma di azione applicabile risiederebbe nel fatto che, finora,
«da Platone a Marx questi “programmi filosofici” sono falliti; il loro esito
non è stato quello previsto e desiderato» (Sartori 2011, 83). In realtà, in
base alla teoria della falsificabilità che ci deriva da Popper (secondo cui
tutti i cigni sono bianchi finché non ne incontriamo uno nero), affermare che
il sapere filosofico è inapplicabile solo perché finora si è dimostrato tale
storicamente, non significa affatto aver trovato il limite della filosofia rispetto
alla scienza; che, invece, risiede proprio (e Sartori lo sa benissimo) in quel
fondamento empirico della scienza che manca totalmente alla filosofia.
Un’ultima interessante distinzione
fra filosofia e scienza politica che viene avanzata da Sartori sta nello
«spartiacque linguistico». Per lui filosofia è, fondamentalmente, concipere, laddove essenza della scienza
politica è percipere. Ancora una
volta, mentre la filosofia non si preoccupa di accertare i fatti, al contrario
la scienza politica osserva empiricamente la realtà, immagazzinandone i dati e
a partire da quelli formula quelle generalizzazioni che servono a costruiscono le leggi e quindi, in ultima istanza, le teorie. Questo perché la filosofia risponde all'esigenza di indagare il perché, mentre la scienza è interessata
a capire anzitutto come le cose
accadono. La filosofia è un sapere deduttivo
(dall’universale spiega il particolare), mentre la scienza è induttiva (osserva il particolare per arrivare a spiegare
l’universale). In realtà, anche la scienza mira al perché delle cose, nel senso che è orientata alla spiegazione, alla
ricerca sempre rigorosamente empirica
delle cause che stanno dietro ai fenomeni osservabili; con la precisazione che,
nella scienza, la descrizione è
logicamente anteposta alla spiegazione. (continua...)
[1] Per scrivere questa
riflessione mi sono servito principalmente di due contributi di Giovanni
Sartori, L’idea di politica e Filosofia, scienza e valori, entrambi
contenuti in G. Sartori, Logica, metodo e
linguaggio nelle scienze sociali (Il Mulino, Bologna 2011) e
precedentemente apparsi nel suo volume La
politica. Logica e metodo in scienze sociali (Sugar & Co. 1979). Un
contributo interessante che sviluppa gli stessi temi qui trattati, anche se con una prospettiva differente, si trova in
Danilo Zolo, I possibili rapporti fra
filosofia politica e scienza politica. Una proposta post-empiristica,
Teoria Politica n. 3, 1985, pp. 91-109.
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